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BENVENUTO
Identità marchigiana, valorizzazione dell’entroterra e difesa dell’ambiente: sono queste le direttrici che i Gre delle Marche indicano come prioritarie per un lavoro che arresti la deriva della politica e delle istituzioni.
FORMAZIONE
I Gruppi di Ricerca Ecologica offrono formazione specializzata sia a distanza, sia in presenza di Tutor. Si raccolgono adesioni per la formazione di un Corpo di Guardie Volontarie ambientali.
RISORSE UTILI
In questa sezione ti suggeriamo alcuni links utili per completare le tue ricerche online sui temi che riguardano I Gre delle Marche
 
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Admin (del 26/04/2010 @ 00:41:21, in News, linkato 1391 volte)

23 aprile 2010

 “La nostra è un’agricoltura europea ed è un bene eliminare tutti gli ostacoli alla commercializzazione e alla libera circolazione dei prodotti all’interno dei confini dell’Unione. Il provvedimento passato oggi in Consiglio dei Ministri, che riguarda un settore importante come quello dei fertilizzanti, va nella direzione della liberalizzazione del commercio e nel rispetto dei principi comunitari". Così il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Giancarlo Galan, interviene in merito al decreto legislativo di riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti approvato oggi.

Novità - “Si tratta di un provvedimento che si è reso  necessario -  prosegue Galan  - per allineare la normativa nazionale a quella comunitaria, soprattutto per quanto concerne il principio del mutuo riconoscimento dei fertilizzanti, i requisiti che questi devono possedere per essere immessi sul mercato e l’obbligo di informazione nei confronti della Commissione europea e degli altri Stati membri.”
“Nella sostanza, a seguito delle modifiche apportate con il provvedimento approvato, un fertilizzante autorizzato in un Paese comunitario potrà essere commercializzato senza ulteriori richieste anche nel nostro Paese. Ovviamente, vale anche il principio opposto, in base al quale i fertilizzanti autorizzati nel nostro Paese – ha concluso il Ministro -  possono essere posti in vendita su tutto il territorio dell’Unione.”

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Di Admin (del 13/04/2010 @ 00:06:14, in News, linkato 1455 volte)
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Di Admin (del 06/04/2010 @ 16:17:46, in News, linkato 1750 volte)

Riparte anche quest’anno il progetto di educazione ambientale “Escursioni lungo il fiume Misa” rivolto alle scuole del comprensorio senigalliese e promosso dall’Associazione Confluenze con la collaborazione della Provincia di Ancona, COOP Adriatica, Studio Naturalistico Diatomea, Associazione Amici del Molo e Ufficio Decentramento del Comune di Senigallia.

L’iniziativa è gratuita grazie al contributo concesso dall’Assessore all’Ambiente della Provincia di Ancona Marcello Mariani ed è inserita nel Piano dell’Offerta Formativa Territoriale di Senigallia.

Il progetto si articola in tre momenti: la lezione introduttiva in classe in cui vengono spiegati i caratteri naturalistici del fiume Misa, l’escursione lungo i sentieri del fiume Misa compresi nel territorio comunale senigalliese durante la quale i volontari della COOP Adriatica offrono agli alunni la merenda a base di pane e olio o marmellata o cioccolata, la “Festa del Misa”, ossia il momento conclusivo con tutte le classi partecipanti in cui vengono esposti e premiati i lavori effettuati dagli alunni (disegni, cartelloni, ecc…): il primo premio, destinato alle scuole secondarie, è la partecipazione ad una puntata della trasmissione di Rai3 “Geo&Geo”. Quest’anno gli alunni partecipanti saranno più di 800 (record di prenotazioni!).
 
da Confluenze

 

 

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Di Admin (del 03/04/2010 @ 11:32:45, in News, linkato 2012 volte)

 

Sempre più spesso si sente parlare di parassiti e patologie che metterebbero a repentaglio la sopravvivenza delle api, ma di che si tratta realmente, e di che tipo di minaccia stiamo parlando? Mentre sul fronte istituzionale si cercano le risposte più adatte, in California c’è chi passa all’azione, e ad una prima soluzione, con molta originalità.

Molte caratteristiche di questi insetti fanno di loro un ottimo indicatore ecologico. Le api sono facili da allevare, si adattano in diversi tipi di ambiente, non hanno particolari esigenze alimentari, i peli sul loro corpo permettono di intercettare una buona quantità di agenti materiali e sostanze, sono altamente sensibili agli agenti inquinanti presenti nell’atmosfera (in particolare agli antiparassitari), hanno un’elevata mobilità e un ampio raggio di volo, e infine effettuano numerosi prelievi giornalieri su tutti i settori ambientali.
In più, producono un alimento prelibato e ricco di benefici e sostanze nutritive.
Negli scorsi anni, i media hanno spesso raccontato delle morie di intere colonie di api negli Stati Uniti, in Europa in Giappone, attribuendone la causa ad una misteriosa malattia dalle cause sconosciute.  Ma il quotidiano scientifico Science rivela che le drastiche distruzioni di intere colonie di api non sono così inusuali, e si sono verificate periodicamente nell’arco dei secoli in diversi tipi di ambiente. Secondo il quotidiano, la preoccupazione per le api da miele negli Stati Uniti sarebbe ingigantita dal loro ruolo vitale nel campo dell’agricoltura.
Ma che cosa sta uccidendo intere colonie di api in tutto il mondo, e quali sono le implicazioni per l’agricoltura?
Tra l’estate del 2006 e la primavera del 2007 vennero trovati moltissimi alveari senza api adulte al loro interno,  ma solo larve e cibo. Fu immediato pensare ad una nuova violenta patologia, e in assenza di una causa conosciuta le venne attribuito il nome di “Disturbo da Collasso di Colonia”.
Che cosa abbiamo imparato da quel momento? Questi sintomi sono davvero nuovi?
Il primo rapporto annuale del Comitato Guida sul Disturbo da Collasso di Colonia suggerisce che sia improbabile considerare la CCD come causata da un patogeno sconosciuto in precedenza. Piuttosto, sarebbe causato da una combinazione di agenti: l’interazione tra noti pesticidi e patogeni, condizioni ambientali povere che impoveriscono a loro volta il foraggio, mancanza di nutrimento, fattori di gestione come l’uso di pesticidi e lo stress causato dal trasporto su lunga distanza degli alveari alle fonti di nettare o luoghi di impollinazione. Gli sforzi per ridurre al minimo i fattori che potrebbero causare la morte di intere colonie non mancano: in Europa il  COLOSS (COlony LOSS) network, che consiste in 161 membri di 40 paesi nel mondo, sta coordinando gli sforzi della ricerca e le attività scientifiche e l’ industria dell’apicoltura per indirizzare questi e altri risultati collegati alle perdite delle api da miele, inclusa la CCD.
L'Ue ha modificato l'apposito elenco delle sostanze attive contenute nella direttiva europea relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari. L'impiego di tali sostanze può infatti comportare la presenza di residui nei prodotti trattati, negli animali nutriti con tali prodotti e nel miele delle api esposte a tali sostanze. Residui dunque che spesso hanno un'elevata tossicità. Gli stati membri dovranno adottare e pubblicare entro il 31 ottobre 2010 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla nuova direttiva. In Italia infine si è da poco concluso il XXVII Convegno nazionale “Benessere dell’Alveare”, in cui si sono trovati degli importanti  punti d’incontro tra ministero della salute e associazioni di settore: tra le cose già fatte a favore del comparto apistico c’è l’imposizione da parte del ministero della sospensiva sui neonicotinoidi. 
Esemplare è il caso dell'acido ossalico, un prodotto che appartiene alla categoria degli acidi organici e da circa venti anni viene in ausilio degli apicoltori perché è tra le poche molecole efficaci nella lotta contro la varroa, uno tra i parassiti più pericolosi per le api. Non tutti sanno però che quasi tutto l' acido ossalico presente sul mercato si differenzia in prodotto per uso farmaceutico e in prodotto per uso industriale. Quest'ultimo, molto più economico, può avere residui elevati di metalli pesanti che rischiano di trasferirsi al miele compromettendo la qualità del prodotto destinato ai consumatori, ma anche la salute stessa dell’apicoltore, quando la somministrazione avviene mediante sublimazione. Di qui la cautela di alcune autorità sanitarie che richiedono l'introduzione di ricettazione, distribuzione e somministrazione controllata.
Gordon Wardell ha un dottorato di ricerca in entomologia, e si può di fatto considerare un dottore delle api: le studia da circa trent’anni, e studia la CCd da quando è comparsa. In questo periodo dell’anno adora starsene tra i fiori di mandorle nella valle di San Joaquin in California, ascoltando il lieve e caldo ronzio di milioni di api. Ma queste api non sono felici come sembra dal loro rumore, e questo è il motivo per cui Wardell si trova lì. Più dell’80% delle mandorle del mondo crescono in California e, per impollinarle, i quasi 7000 agricoltori affittano circa un milione e mezzo di alveari commerciali. A febbraio migliaia di camion trasportano gli alveari in California, per poi riportarli in tutti i paesi dai quali sono venuti a impollinazione avvenuta. Dal 2006, le api hanno iniziato a soffrire di questa misteriosa CCD (Malattia da Collasso della Colonia), che ne ha drasticamente ridotto il numero. Come risultato il prezzo di noleggio di un alveare si è triplicato, arrivando a sfiorare i 150$, sostiene il presidente della Paramount Farming, la più grande azienda al mondo nella coltivazione delle mandorle. Così la Paramount ha assunto Wardell, che ha studiato per 30 anni le api e la CCD da quando è saltata fuori.
In assenza di una spiegazione chiara e rapida a tutti i quesiti sull’origine di questa malattia, Wardell si è concentrato su qualcosa di diverso: il nutrimento. Un’ape operaia sana spende circa quattro settimane nel suo alveare, nutrendosi di polline ricco di proteine e accudendo le larve, e poi altre due settimane nei campi, dopo le quali le sue riserve proteiche si esauriscono ed essa muore. Per qualche motivo, forse i cambiamenti climatici repentini, le api stanno assumendo troppe poche proteine nell’alveare, morendo quindi dopo solo quattro settimane, praticamente non appena si avventurano nel mondo esterno. Così Wardell ha pensato di provare a forzare nelle api l’assunzione di proteine. Registrata come  MegaBee, simile all’impasto di un biscotto e ricco appunto di proteine, l’invenzione di Wardell viene posizionata nell’alveare, bloccando l’entrata alle api, in modo che esse lo debbano mangiare per liberare l’ingresso. Wardell sta lavorando con gli apicoltori di tutto il paese per implementare la dieta delle api. Fino ad ora i risultati sono stati discreti: alcuni alveari sono ancora collassati o risultano più piccoli di altri, ma secondo lo scienziato ci sono  buone speranze che i suoi biscotti funzionino, provocando  più di un lieve ronzio l’anno prossimo.

 

Fonti: Economist, Greenreport, Resiliance Science, University of Sussex

integralmente da: "effettoterra.org"

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Di Admin (del 02/04/2010 @ 16:24:08, in News, linkato 1577 volte)
Cresce il numero di coloro che ritengono, a ragione, l'utulizzo di risorse agricole alimentari per la produzione di ecocarburanti una vera jattura. 
Abbiamo sentito anche l'ex Ministro Zaia, in più occasioni, prendere nettamente posizione contraria definendo tale scelta "eticamente inaccettabile".
Anche I Gre delle Marche, si associano alla richiesta di una moratoria europea sulla trasformazione di cibo in benzina. 
La fame nel mondo ha già molte, troppe cause difficilmente contrastabili, proprio non si sentiva il bisogno di aggiungerne un'altra altrettato "forte" ma soprattutto direttamente responsabile dell'aumento dei prezzi di prodotti agrigoli. 
 
I dati diffusi dalla Banca Mondiale sono drammaticamente eloquenti: in un anno il numero delle persone che patiscono la fame, realmente, è aumentato di oltre centocinquanta milioni, arrivando a superare il miliardo. (dato al 2009)
Siamo sicuramente d'accordo sulla necessità di utilizzare fonti di energia meno inquinanti e "rinnovabili" ma se ciò contribuisce da un lato all'impiego di risorse anch'esse ecologicamente importanti (ad esempio l'acqua) nonché all'utilizzo di sostanze inquinanti ( fertilizzanti ) e dall'altro all'aumento sensibile del prezzo delle materie prime ed ad aumentare il numero delle persone in difficoltà alimentari, allora ci poniamo la domanda: ne vale davvero la pena? 
 
D'acchito risponderemmo di no e, riflettendoci bene tale posizione tende a radicalizzarsi. 
La richiesta sempre maggiore di biocarburanti a causa delle positive ricadute sull'ambiente ha generato un cambio dell'equilibrio nella produzione di alimenti.
Negli Usa, oltre il trenta per cento del mais coltivato viene trasformato in etanolo e, nel mentre, i prezzi dei generi alimentari lievitano - nel biennio 2006/2008 - dell'ottantatre per cento.
 
Con la materia prima impiegata per la produzione di cento litri di etanolo, poco meno di tre quintali di mais, si potrebbe sfamare una persona adulta per un intero anno o, per lo stesso periodo, ben due bambini. 
 
Molto efficace l'opera di sensibilizzazione svolta, a Milano, dall'associazione ActionAid che ha installato in piazza Cadorna, un finto distributore di biocarburanti promettendo di fornire gratis una tanica della "nuova benzina FAME" alle prime 100 persone che si fossero presentate ed a tutti gli altri "una speciale tanica con dentro alcune sorprese e consigli... " per spiegare che "produrre biocarburanti significa trasformare il cibo in benzina e non risolve il problema dell'inquinamento ambientale".
 

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Di Admin (del 26/03/2010 @ 18:50:42, in News, linkato 1722 volte)

di Carlo Stagnaro - www.chicago-blog.it

Con un colpo di mano, la possibilità di alzare dal 20 al 30% il target di riduzione delle emissioni europee entro il 2020, dopo essere uscita dalla porta notturna, rientra dalla finestra mattutina. Ordinaria cronaca di un’incredibile giornata negoziale a Bruxelles, dove oggi si conclude la sessione di primavera del Consiglio europeo. Se la questione di maggior interesse è, ovviamente, l’accordo franco-tedesco sul salvataggio della Grecia, un tema non marginale riguarda appunto le politiche del clima. L’Italia non voleva questa clausola. L’Italia era riuscita a toglierla dalla dichiarazione conclusiva del vertice. L’Italia poi si è voltata dall’altra parte. L’Italia, infine, senza accorgersene ha votato contro se stessa.

Quello che è successo è da manuale dell’idiozia politica. E pensare che le cose si erano messe bene. Grazie anche al presidente del consiglio italiano, Silvio Berlusconi, la bozza di dichiarazione conclusiva concordata ieri notte non conteneva alcun accenno all’aumento del target, come riferiscono fonti vicine al dossier. La logica è semplice: nel pacchetto energia e clima, approvato alla fine del 2008 dopo una lunga trattativa di cui l’Italia era stata uno dei protagonisti, prevedeva la possibilità di passare dal 20 al 30 per cento se si fosse trovato un accordo globale in tal senso (sottinteso: a Copenhagen, dicembre 2009). A Copenhagen è andata come è andata: quindi, tutto in vacca. Nota non banale: a mandare tutto in vacca è stata, principalmente, l’indisponibilità dei due attori cruciali, cioè la Cina (di cui mi sono occupato qualche giorno fa) e gli Stati Uniti (dove il presidente, Barack Obama, ha investito l’intero suo capitale politico sulla riforma sanitaria e neppure si sogna di piagare i contribuenti con iniziative verdi).
 
Nonostante ciò, alcuni Stati membri hanno deciso di tentare la carta dell’aumento unilaterale, determinando una frattura in seno all’Europa che si è ricomposta solo, duramente, ieri notte. Tutto bene? Macché. Perché nessuno aveva fatto i conti con la fessaggine negoziale che storicamente contraddistingue il nostro paese. Il Cav. ha pensato bene che la chiusura della campagna elettorale doveva avere la precedenza sulla sua presenza al Consiglio Ue. Nessuno, purtroppo, deve avergli spiegato che, secondo il trattato di Lisbona, un primo ministro assente non può delegare un suo ministro, ma deve per forza farsi rappresentare dal presidente del Consiglio europeo.
 
Accade così che l’Italia venga rappresentata da Herman van Rompuy. Magari non sta bene, ma nella cosa in sé non ci sarebbe nulla di male. Non ci sarebbe nulla di male se ci si ricordasse di istruire il rappresentante sulle posizioni che il rappresentato vuole che siano, appunto, rappresentate. In assenza di istruzioni, van Rompuy ha fatto di testa sua (chi avrebbe fatto diversamente?) e ha dunque accettato, a nome dell’Italia, l’inserimento del seguente fraseggio:
 
the EU is committed to take a decision to move to a 30% reduction by 2020 compared to 1990 levels as its conditional offer with a view to a global and comprehensive agreement for the period beyond 2012, provided that other developed countries commit themselves to comparable emission reductions and that developing countries contribute adequately according to their responsibilities and respective capabilities.
 
E’ una formula abbastanza standard e non avrà gravi conseguenze politiche. Forse non ne avrà nessuna. Però, intanto, una notte di fatica è andata in fumo, visto che viene ancora una volta alimentato l’equivoco, dando agli estremisti l’appiglio per sostenere le loro tesi. E poi, ancora una volta il nostro paese non ha perso l’occasione di dimostrare di che pasta è fatto.
 
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Di Admin (del 15/03/2010 @ 00:22:51, in News, linkato 1579 volte)

 

La coerenza ha il suo prezzo. Questa associazione ha adottato questo slogan ed a questo intende attenersi.
Alle elezioni del 28 e 29 marzo, nelle Marche, un rappresentante – sicuramente autorevole – de I Gre dele Marche ha accettato la candidatura.  Come nella sua campagna elettorale I Gre delle Marche non sono mai stati menzionati, così - in questa sede - non citeremo il nome e tanto meno la carica o la circoscrizione in cui egli è candidato.
Tutto ciò, ovviamente, non perché reputiamo una delle due cose disdicevoli o  in grado di portare nocumento all'altra ma, al contrario, perché è nostro costume evitare speculazioni di infimo livello "sfruttando" impropriamente il lavoro – ad esempio – degli associati ai Gre per scopi diversi da quelli per cui essi prestano la loro opera volontariamente.
L'ecologismo non è una visione che possa essere ridotta politicamente all'interno di uno schieramento, men che meno di un partito che è - per definizione - una parte e di parte, ma è una forma di buona educazione all'impiego delle risorse del Pianeta.
Così come non esiste - tanto per fare un esempio - un partito dei beneducati a tavola né di coloro che evitano di disturbare al cinema o di chissà quale altra forma di rispetto delle buone maniere, pensiamo non debbano esistere partiti che utilizzano il vessillo ecologista per portare i temi proprii dell'ecologismo da una parte all'altra degli schieramenti politici.
Negli anni passati abbiamo assistito ad una vera e propria fierà delle vanità ecologiste. Verità assolute sbandierate ai quattro venti che poi si sono rivelate, spesso, inesatte e – talvolta – frutto di menzogne artatamente orchestrate.
Non sappiamo se sia corretto essere professionisti della politica ma di certo neghiamo la validità del professionismo ecologista, fatta eccezione - s'intende - per i tecnici che operano nel settore specifico.
Tutta la politica dovrebbe essere improntata al rispetto delle più elementari norme di pulizia e, se così non accade, è per via della cattiva politica, che è tale perché pessimi sono gli input che partono da coloro che la esercitano - e non ci riferiamo tanto ai cosiddetti politici quanto agli attori principali della prassi democratica, i quali spesso concedono il loro consenso sulla base di presupposti ideologici quando, addirittura, non ispirati da interessi personali, dimostrandosi quindi peggiori di coloro che di tale consenso saranno oggetto.
C'è bisogno di associazioni e centri studi che elaborino programmi ecologicamente compatibili e mettano in rete le informazioni e le notizie, creando quel circolo virtuoso in grado di generare scelte più propriamente politiche senza inquinare - è il caso di dirlo - la ricerca con gli interessi che fatalmente ruotano attorno alla politica.
Non è un obiettivo facile da raggiungere, ma evitare la commistione sin dall'inizio è cosa – se non sufficiente – sicuramente necessaria.
Anche quando ci è stata sollecitata la collaborazione per elaborare proposte politiche, lo abbiamo fatto di buon grado e senza secondi fini.
Così intendiamo continuare a fare, a dispetto di coloro che, invece, si fregiano di etichette ecologiste per ricavarne consenso elettorale per poi conferirlo a sostegno di piani regolatori che gridano vendetta, di interventi di risanamento delle aree urbane degradate che lasciano sbigottiti, di insediamentI industriali e commerciali che negano nella sostanza gli impegni formali assunti in campagna elettorale.
L'attività politica è uno strumento e si può decidere di tentare di usarlo per dare ulteriore forza ai temi che ci stanno a cuore. Rammarica invece constatare quanto troppo spesso esso rappresenti lo scopo al quale vengono asserviti l'impegno e la passione di volontari in buona fede.
Con la speranza che i primi segnali di avvertimento che l'elettorato ha già provveduto ad inviare ai legittimi destinatari, penalizzandoli elettoralmente, arrivino a destinazione, invitiamo gli elettori a scegliere valutando la persona, i suoi trascorsi, il suo presente, senza seguire – come falene – spie luminose artatamente accese al solo fine di consolidare dubbie politiche elettoralistiche.
 
Buon voto a tutti
 
I Gre delle Marche
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Di Admin (del 04/03/2010 @ 20:25:45, in News, linkato 1460 volte)

di Massimo G. Conte

Tutte le forze politiche che partecipano alla competizione elettorale hanno cura, per prima cosa, di presentare il cosiddetto programma. 
Pur rispettando tutti ed i programmi di tutti è noto che la percezione presso i Cittadini sia quella che si ha di fronte ad ogni “dejà vu” . 
Spesso i programmi risultano intercambiabili occupandosi comunque dei temi che stanno più a cuore: Salute, Lavoro, Famiglia, Sicurezza … nell’ordine che ogni forza politica o situazione contingente dovesse consigliare.
Molto meglio  illustrare i progetti. 
Non è solo una differenziazione semantica. È noto a tutti come vi sia differenza tra un Programma (enunciazione di buoni propositi) ed un progetto. Questo deve possedere le note caratteristiche e di fattibilità 

 Il tema è quello del deficit energetico e degli eccessivi costi per approvigionarsene. Per i Comuni, ancor più se piccoli, non è agevole parlare di produzione e, soprattutto, per tutti dovrebbe valere la aurea regola per cui: ogni watt risparmiato è un watt prodotto. Pertanto sarebbe bene concentrarsi sul risparmio energetico. Pensiamo sia alle misure “domestiche” ovvero: i gradi di riscaldamento degli uffici pubblici comunali ma anche a quelle occasioni date dalla collaborazione con le società, cosiddette, “Esco” acronimo di Energy Saving Company.
Ridurre i consumi significa risparmiare ma anche inquinare meno. Si fanno più investimenti per ridurre l’inquinamento e si snobbano quelle strade che porterebbero risparmio economico, vantaggio finanziario, e ambiente più pulito. Dovremmo dedurre che la propensione alla spesa costituisca l’interesse maggiore? Speriamo di no, intanto noi pensiamo di seguire quest’altra strada. 

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di Carlo Lottieri

 
La prossima sarà una domenica inutile: anzi, peggio che inutile. Costretti a lasciare l’automobile in garage per l’intera giornata a seguito di un’iniziativa demagogica assunta dai sindaci delle maggiori città del Nord, milioni di concittadini subiranno in silenzio questo ennesimo sopruso, che per varie ragioni appare insensato.
 
Il sindaco milanese Letizia Moratti e quello torinese Sergio Chiamparino, promotori di questa giornata "ambientalista" hanno provato a giustificare la decisione sostenendo che fermare gli automezzi sarebbe importante per salvaguardare l’aria e rispondere a una situazione intollerabile (sia a Milano che a Torino i limiti di legge riguardanti il PM 10 sono stati superati più di trenta volte dall’inizio dell’anno). Ma lo stesso primo cittadino del capoluogo piemontese ha poi dichiarato, senza giri di parole: “Il blocco del traffico non è una misura che strutturalmente può contrastare l’inquinamento, ma è importante farlo in modo coordinato su una vasta area”. Non serve, ma va bene lo stesso.
Stupisce tanta leggerezza, anche se il comportamento degli amministratori è in parte comprensibile alla luce del fatto che essi sono “sotto ricatto”: da anni l’Italia ha adottato limiti rigidissimi, che è impossibile rispettare, e in questa situazione i sindaci rischiano ogni giorno di finire sul registro degli indagati. Come infatti è accaduto poche settimane fa e come potrebbe succedere di nuovo. Oggi si bloccano le automobili, insomma, nella speranza che questo serva, domani, a bloccare le inchieste.
 
È triste però che di queste cose non si discuta e che nessuno si domandi se i limiti (ben più ampi) adottati da altre legislazioni europee mettano a rischio la salute o, più semplicemente, non rappresentino una soluzione più equilibrata a un problema – quello dell’inquinamento – che in realtà è in via di risoluzione grazie allo sviluppo di tecnologie meno inquinamenti e alla trasformazione della nostra economia da prevalentemente industriale a largamente terziarizzata.
 
Negli ultimi cinquant’anni a Parigi la concentrazione di “fumo nero” nei mesi più freddi, ad esempio, si è ridotta dell’80%: oggi, insomma, è solo un quinto di quanto non fosse negli anni Sessanta. Una stessa trasformazione si è avuta da noi e chi ricorda lo smog milanese dei decenni scorsi lo sa bene. Come ha sottolineato un paio di anni fa Francesco Ramella, “nel corso degli ultimi quindici anni la concentrazione nell’aria di tutti i maggiori inquinanti nel capoluogo lombardo si è drasticamente ridotta: il biossido di zolfo è passato da 38 a 5 μg/m3 (-87%); il biossido di azoto è diminuito da 115 a 60 μg/m3 (-48%); l’ossido di carbonio è stato abbattuto da 3,9 a 1,3 μg/m3 (-67%) le polveri totali sospese sono state ridotte da 140 a 59 μg/m3 (-58%)”.
C’è un’altra considerazione da farsi. Il blocco del traffico è una grave lesione a un diritto fondamentale, quello di muoversi. Sorprende leggere che, di fronte alla diffusa consapevolezza dell’inutilità dello stop che avrà luogo domenica prossima, molti già sostengano che la cosa vada ripetuta nei giorni feriali. La sensazione, ma non si tratta solo di una sensazione, è che agli occhi dei politici le nostre libertà non siano nulla e che di noi si possa fare quello che si vuole.
Solo stupidità? Non è così.
 
Da un certo punto di vista, è facile riconoscere quale sia il vero significato di una decisione altrimenti ingiustificata. Per cogliere dove voglia davvero condurre tale iniziativa basta leggere la conclusione del documento con cui Legambiente ha dato il proprio sostegno all’iniziativa di Moratti e Chiamparino: “sappiamo che non basta fermare le auto un solo giorno all’anno, ma l’adesione alla giornata di decine di sindaci di città importanti, affiancati dai sindaci di città più piccole che prendono contemporaneamente simili decisioni, ha certamente una grande importanza, simbolica ed educativa”.
 
Ecco, l’ultimo aggettivo è fondamentale: lorsignori ci vogliono “educare”. Sindaci, ambientalisti, presidenti di Regione e funzionari delle varie agenzie pubbliche preposte a vigilare sull’aria non intendono limitarsi a svolgere il loro lavoro, ma puntano a dirci cosa si deve fare, e cosa non si deve fare. E in qualche caso vogliono che noi si sia partecipi di quella medesima angoscia che avvertono di fronte alla notizia che in Kenya va calando il numero degli elefanti o che la temperatura globale – anche se soltanto nei dati truffaldini dell’Ipcc – va crescendo.
Non dobbiamo sorprenderci di questo, poiché da anni quanti frequentano i primi anni della scuola dell’obbligo sono educati al culto della Madre Terra, condotti nei giardini pubblici a piantare alberelli, stimolati in tutti i modi a buttare il vetro nelle campane della raccolta differenziata. La fabbrica del buon cittadino ecologista lavora a pieno regime.
 
D’altra parte, nessun potere vive senza un’ideologia che lo sorregga, perché è difficile dominare l’uomo usando sempre e solo la forza. Ma è assai più agevole governare se lo si fa in nome di qualche “divinità” (più o meno dichiaratamente tale) e, per giunta, avendo a cuore il benessere di tutti: panda inclusi. Se non si parte da qui è difficile comprendere questa insulsa domenica senza macchine, in cui il ceto politico cerca di trovare una qualche ragione di autolegittimazione appellandosi a un confuso intruglio ideologico in stile New Age.
Alla fine, come spesso capita, tutto si risolverà comunque in una rapina. In fondo, anche gli incentivi con cui finanziamo la grande industria vengono solitamente giustificati con argomenti “ecologici”. E così oggi il movimento dei sindaci padani vuole che – finiti gli scherzi di un carnevale tardivo rispetto al calendario – dalle chiacchiere si passi ai fatti: e già si annunciano richieste di ulteriori imposte che penalizzino l’automobile. I molti miliardi di euro che ogni anno sono sottratti ai titolari di autovetture, evidentemente, non bastano.
Ma lamentarsi sarebbe ingiusto: in fondo, tutto questo è fatto per il nostro bene.
 
Da Il Giornale, 21 febbraio 2010
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Di Admin (del 14/02/2010 @ 20:07:35, in News, linkato 1819 volte)
Al diffuso allarme lanciato da coloro che sulla teoria del global warming fondano un’approssimativa spiegazione di ciò che avviene ed avverrà diffondendo simultaneamente aspettative antropocentriche su un ipotetico controllo del clima, sarebbe facile, ma riduttivo, contrapporre con scherno affermazioni nel segno del global cooling.

Sono infatti le tesi del riscaldamento oggi destituite di ogni credibilità, vivendo ormai da mesi l’Europa geografica e l’Emisfero nord del Continente americano una situazione di accentuato raffreddamento stagionale a cui ha fatto seguito la confutazione nei fatti degli annunci di scioglimento dei ghiacciai della calotta polare artica, estesa poi a quelli asiatici dell’Himalaja.

Tali smentite, avvenute nel corso o in prossimità della Conferenza di Copenhagen da parte dello stesso IPCC, hanno dunque, con qualche imbarazzato chiarimento, raffreddato i toni dei più catastrofici climatologi.

Sempre da Copenhagen, o meglio dal cosiddetto climate gate, sono poi venute quelle evidenti prove che hanno reso chiaro a tutto il mondo che gli scienziati dell’Università Britannica dell’East Anglia avevano manipolato i dati sulle variazioni della temperatura terrestre per rafforzare la tesi del forte riscaldamento del nostro pianeta - studiosi, questi dell’East Anglia, tutti rei confessi di un gruppo di ricerca finanziato dall’ONU (IPCC) -, fornendo così all’Herald Tribune del 14 dicembre 2009 l’occasione per rendere pubblica una documentazione impressionante di frodi nello sviluppo dell’energia rinnovabile eolica, in buona parte dell’Europa, compresa l’Italia. A tutto ciò si aggiunga poi che il 20 dicembre, sempre del 2009, il Daily Telegraph ha presentato uno sconcertante rapporto sui conflitti d’interesse del dottor Rajendra Pachauri, lo stesso che aveva definito le obiezioni degli scienziati al global warming “frutto di una scienza voodoo”, evidenziando come questo non solo sia Presidente della Commissione IPCC, ma che anche si presti quale consulente per numerose organizzazioni pubbliche e imprese industriali impegnate nella promozione delle energie rinnovabili, o per meglio dire della cosiddetta industria del clima. Sono così emersi interessi di banche e fondi di investimento che soltanto in India valgono oltre trenta miliardi di Euro e che dipendono dalle scelte e dalle decisioni della Commissione dell’ONU presieduta dallo stesso Pachauri.
Pertanto più che una questione climatica è una questione di mercati contesi in cui di recente pare essersi immesso un free rider.

Su questo treno in corsa è infatti salito, senza pagare il biglietto, lo sceicco del terrore, che con un’abile mossa mediatica ha lanciato un seducente appello per tutti quei fondamentalisti verdi che odiano l’occidente, aprendo così i suoi ranghi anche ai laici miscredenti.
È infatti certamente non religiosa la ricetta proposta da Osama Bin Laden per far fronte ai cambiamenti climatici indotti dall’industria occidentale, in quanto viene proposta un’economia che si discosti il più possibile da quella basata sul dollaro.
Avvertendo la difficoltà di condurre con profitto la sua guerra, Al Qaeda decide dunque, con tale messaggio, di rafforzare la sua ideologia e al contempo di aprire un nuovo fronte bellico, quello economico.

In tale contesto diviene di grande attualità ricordare l’analisi ideologico-politica svolta dal Presidente della Repubblica Ceca Vaclav Klaus nel suo saggio “Pianeta blu, non verde”, in cui si evidenzia come il problema più che ambientale o climatico sia incentrato sulle libertà che vengono erose da pretese fondate su false ideologie.
È infatti evidente come dall’attacco che l’Occidente sta subendo ci si voglia difendere rafforzando le proprie risorse economiche e proteggendo i propri mercati a discapito tuttavia degli interessi dei cittadini.

Di tutta questa pagina squalificante, di tutta questa vicenda francamente impressionante, per leggerezza e per affarismo annesso, si possono infatti cogliere i caratteri nuovi e allarmanti delle motivazioni di una fiscalità utilizzata per imporre al contribuente nuove tasse e nuove imposte fondate sul grande peccato e il male originato su ciascuno di noi dal rimorso dovuto ai propri comportamenti di vita, di esistenza e di consumi.

Attraverso gli scritti di Ronald Dworkin pubblicati dall’Harvard University Press, che riprendono la linea di pensiero di Pigou, si cerca dunque di introdurre un’ideologia che sorregge ogni correttivo alle esternalità negative prodotte. Si ritiene così che ogni attività capace di produrre degli effetti sui terzi o meglio sui beni collettivi, deve essere accompagnata da una di segno opposto, ovverosia di natura compensativa.

Con ciò si cerca pertanto di legittimare tutte quelle nuove imposte ambientali che difficilmente si armonizzerebbero con un sistema tributario incentrato sul principio di capacità contributiva.
È infatti in questo momento il settore energetico-climatico unanimemente inteso dagli ordinamenti come una zona su cui esercitare una creatività fiscale e al contempo degno di canali di investimento privilegiati, sempre da un punto di vista fiscale, senza troppo preoccuparsi se queste tecnologie verdi siano effettivamente un buon affare e se siano questi i tempi migliori per schierarsi così drasticamente rispetto ad un solo settore economico senza considerare il momento di generale e grave crisi dell’intero sistema economico.
 
Così facendo si è dunque inventata una green industry fatta, per il momento, di reti intelligenti (smart grid), di surplus CO2 captato con flotte navali negli oceani, stoccato nelle miniere abbandonate, e con una moltiplicazione ossessiva di professioni collegate alle energie rinnovabili, agli esperti, ai verificatori, ai bollini professionali, a persone addette ai controlli immaginate a milioni e milioni di unità quando, al momento, appaiono solo fiorenti clientele di piccoli numeri e di tecnologie ancora sperimentali, che dovrebbero prendere il luogo e il posto, nell’occupazione e nella produzione, delle industrie metalmeccaniche, delle industrie siderurgiche, delle industrie carbonifere, delle industrie dell’edilizia e delle industrie automobilistiche ecc. Scopo di questo intervento è dunque quello di far gettare la maschera a quei presunti innocenti fautori del problema climatico che soprattutto a livello europeo pare - con la nomina dell’ultima ora, per la prima volta nella storia della Commissione Esecutiva dell’Unione Europea, di un nuovo Portafoglio, Climate Action, affidato alla Commissaria danese Connie Hedegaard - siano decisi ad avanzare ad occhi chiusi verso un secondo smacco, generando una gigantesca spesa per piegare il clima secondo le proprie interpretazioni, assolutamente opinabili, anzi, probabilmente infondate.
 
 
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Guardate chi è passato davanti alla telecamera… è Selana, la lupa a cui tre settimane fa è stato applicato il collare satellitare. Si è subito ricongiunta al suo nucleo famigliare!!

Posted by Parco Nazionale dei Monti Sibillini on Venerdì 15 gennaio 2016
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